Texturing dei characters – Pelle e dettagli del viso
Quanta storia può raccontare un dettaglio? Credo che il mio lavoro possa essere riassunto in quest’unica domanda. Il texturing non è solamente l’applicazione di colore ad un...
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Quanta storia può raccontare un dettaglio? Credo che il mio lavoro possa essere riassunto in quest’unica domanda. Il texturing non è solamente l’applicazione di colore ad un...
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Quanta storia può raccontare un dettaglio?
Credo che il mio lavoro possa essere riassunto in quest’unica domanda. Il texturing non è solamente l’applicazione di colore ad un modello 3d, ma è processo di minuziosa ricerca e sintesi – intesa come capacità di eliminare il ridondante e centrare l’essenziale.
Per cui, credo che la maggiore sfida sia stata proprio questa: individuare quali dettagli portare alla luce, per raccontare realismo e percezione – i due leitmotiv di Vajont.
Ho ricevuto i modelli dei characters nella doppia versione di low-poly ed high-poly (che potrete approfondire qui), per cui in fase di texturing non mi sono tanto concentrata sulla creazione del microdettaglio, quanto sulla complessiva resa visiva.
Affinché la pelle dei character sembrasse realistica, ho prestato particolare attenzione alle sfumature delle diverse porzioni dell’incarnato. Proiettare una fotografia in alta definizione sul viso di un character 3d, difatti, non è sufficiente per ottenere dei risultati verosimili: bisogna tenere in considerazione le differenti sfumature delle varie zone del viso.
Come avrete già avuto modo di leggere su questo blog, il character principale è stato creato utilizzando come reference alcune fotografie di una persona realmente esistita.
Ed è proprio da queste immagini che sono partita, per creare un background che si raccordasse all’idea collettiva che abbiamo di passato e di identità. Trattandosi di un’esperienza ambientata negli anni 60, quale migliore look di una barba appena fatta – una sfumatura grigio-verdastra – per rappresentare un operaio umile ma ben curato, secondo lo standard di bellezza dell’epoca?
Ovviamente, trattandosi di personaggi di età differente – o per meglio dire: trattandosi di un’esperienza in cui la percezione dell’età di ciascuno degli ‘attori in gioco’ risulta fondamentale – ho lavorato affinché ciò trasparisse nelle diverse texture di pelle.
L’età non è unicamente una questione di rughe – quanto di tinta e brillantezza dell’incarnato.
Una pelle più anziana ha un colore meno brillante di una pelle giovane. Non solo: alcune tipologie di lavoro sforzano le mani, che modificano la propria struttura (e, giocoforza, i propri colori) sulla base delle azioni abituali. Questi studi sono stati la base di partenza del texturing della pelle del character della vicina di casa, in cui era importante richiamare l’idea di una donna abituata alla vita di montagna.
Scelta diversa è stata operata per il personaggio della moglie, volutamente ‘neutro’ al di là della giovane età.
Specifici particolari – come ad esempio il colore degli occhi – sono stati studiati per incarnare le qualità psicologiche dei diversi personaggi. Ad esempio, era davvero molto importante che un clima di fiducia ed empatia si instaurasse immediatamente tra il partecipante e la vicina di casa; così, per dare profondità al suo sguardo, ho scelto una tonalità di iride molto chiara, in cui fosse possibile riflettersi.
Non solo: sapevate che la dimensione della pupilla ha un’importanza non di certo trascurabile nella comunicazione non verbale? Quando guardiamo persone verso cui proviamo sentimenti di affetto o tenerezza, le nostre pupille si dilatano.
Ribaltando la situazione, quando siamo osservati da una persona con pupille dilatate, ci predisponiamo – a livello inconscio – a stabilire un legame.
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