La creazione dei capelli in VR
Quanto sono importanti i capelli per definire l’età di un personaggio, la cultura e l’epoca d’appartenenza? C’è una sola risposta a queste domande: tantissimo. Probabilmente, se...
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Quanto sono importanti i capelli per definire l’età di un personaggio, la cultura e l’epoca d’appartenenza? C’è una sola risposta a queste domande: tantissimo.
Probabilmente, se non avessimo deciso di intraprendere la produzione di un progetto VR ambientato negli anni Sessanta e con resa realistica, non avremmo preso coscienza del ruolo dei capelli nella percezione dell’esperienza. Non solo in termini di qualità visiva (una chioma non realistica può rovinare qualsiasi volto magistralmente realizzato), ma proprio in riferimento alla narrazione ed al contesto storico dell’intera esperienza.
La parola ‘semplificare’ è stata bandita nel nostro ufficio per un paio di settimane. Cosa sarebbe accaduto, se i nostri personaggi avessero ‘indossato’ un taglio di capelli appartenente ad un’altra epoca, o non sufficientemente credibile, o relativo ad un ceto sociale differente?
Volevamo che tutto rispettasse un unico principio: la credibilità.
Paradossalmente, creare capigliature verosimili non è così complesso all’interno dei motori di render off-line.
Essi sfruttano tool specifici, come il famosissimo XGen, per la creazione di geometrie complesse. Ciascun ‘filo’ viene modellato singolarmente, con un livello di precisione altissimo. Qualità, precisione e dettaglio hanno un unico, grande svantaggio: la performance.
Immaginate il numero di poligoni necessario per rappresentare tutti i vari movimenti del capello – le radici più gonfie, le lunghezze ondulate, le punte ricurve verso l’esterno – e poi moltiplicatelo per il numero di capelli presenti su una testa: otterrete una cifra vertiginosa.
Generalmente, ogni frame viene renderizzato in un tempo che varia da una manciata di minuti ad ore di tempo; è soltanto in un secondo momento che essi vengono montati in sequenze di 25 fps. Ne consegue che i motori di render off-line sono in grado di contenere, in scena, un numero verosimilmente illimitato di poligoni.
Tutto ciò, in VR, è impensabile.
In VR il meccanismo principale è essenzialmente l’opposto: le geometrie devono essere ridotte all’osso – ‘ottimizzate‘, come diremmo in gergo – affinché il render di ciascun frame avvenga in tempo reale.
Il frame-rate necessario ad evitare il comparire quella fastidiosa nausea – che in termini tecnici prende il nome di sickness – deve mantenersi costante sui 90fps.
I videogiochi – che utilizzano motori di render on-line, come il VR – non realizzano i capelli in fase di modellazione, ma di texturing. Le geometrie complesse delle varie capigliature vengono così sostituite da piani appositamente posizionati, con conta poligonale già ottimizzata: ed è proprio su questi piani che vengono dipinti i capelli.
I singoli capelli vengono dunque definiti mediante un’apposito canale di Alpha, realizzato contestualmente durante il texturing . Per chi non avesse un background tecnico, l’Alpha è una mappa che, mediante bianchi e neri, stabilisce quale porzione di un elemento andrà renderizzata: il bianco corrisponde alle zone visibili, il nero alle zone non visibili – dunque, non renderizzate.
Questa tecnica consente facilmente di trasformare le punte quadrangolari dei piani in vere e proprie ciocche sfumate.
Abbiamo quindi perseguito questa strada, che ben conoscevamo per il nostro background, certi di riuscire in tempi brevi ad arrivare ad una conclusione funzionale.
Ma non è stato così: ci siamo ritrovati ad utilizzare un numero considerevole di piani per creare un effetto finale sufficientemente ‘pieno’ e vaporoso da essere credibile.
Lasciando da parte il risultato visivo comunque non soddisfacente, la mole di poligoni in scena – oltre a gravare sulle prestazioni – dava luogo a fastidiosi fenomeni di z-figthing a causa dell’elevatissimo numero di mappe Alpha.
Avevamo provato un workflow universale e consolidato. Eppure, non aveva funzionato.
In fondo, avremmo potuto prevederlo. I characters dei normali videogiochi vengono sempre inquadrati mantenendo una certa distanza dal punto di osservazione – distanza che consente di semplificare le forme e confondere molti difetti. Chiaramente, questi principi decadono, nel momento in cui si vuole conferire al partecipante la possibilità di guardare il modello da tutte le angolazioni, nonché di avvicinarsi ed allontanarsi quanto più desidera.
Abbiamo quindi deciso di utilizzare un approccio differente: utilizzare un volume unico e solido, che costituisse la ‘massa di base’ dei capelli, su cui poi aggiungere dei piani da destinare unicamente alle ciocche più esterne, flottanti, ed al micro-dettaglio in genere – come le sopracciglia e le ciglia.
Il volume di base è stato texturizzato disegnando dei capelli che fossero credibili, così da creare un pattern di fondo che – visto attraverso le trasparenze dei piani soprastanti – sembrasse sfumato in maniera naturale.
Abbiamo quindi ultimato texturizzando anche i piani delle ciocche flottanti, seguendo il consueto workflow: e quello che segue è il nostro risultato VR, pronto per essere importato in engine.